Nostalgia

COSA E' LA NOSTALGIA?
 
La “malattia” di Virginia De Micco? Il “malessere del corpo e della mente”di Renos K. Papadopoulos? Il “paese mai conosciuto” di Baudelaire? Il “desiderio di sentirsi ovunque a casa propria” di Novalis? O la “fuga un’identità data una volta per tutte - la “Nostalgia dell’infinito” come l’ha chiamata Carducci?
O addirittura “nostalgia non come un sentimento vano e retrivo… ma al contrario, levatrice di ricerca, di conoscenza, di progettazione, fin dai tempi arcaici” come dice Fausto Gianfranceschi?

La nostalgia “passatista” accreditata a Pasolini– “Io sono una forza del Passato”, diceva nella poesia Un solo rudere, che ”riduce la tradizione a tradizionalismo, fissando in schemi rigidi e ripetitivi la lezione della storia e della memoria, che vuole “tornare indietro”?

O quella di Francesco Guccini che cantava:
La casa sul confine dei ricordi / la stessa sempre, come tu la sai / e tu ricerchi là le tue radici / se vuoi capire l’anima che hai / se vuoi capire l’anima che hai... E te li senti dentro quei legami / i riti antichi e i miti del passato / e te li senti dentro come mani”
Eros
 
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La nostalgia (parola composta dal greco νόστος (ritorno) e άλγος (dolore): "dolore del ritorno") è uno stato psicologico di tristezza e di rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere, spesso ricordato in modo idealizzato.

 
Quando il 22 giugno del 1688, il medico svizzero Johannes Hoffer presentava a Basilea la sua dissertazione medica Sulla Nostalgia non immaginava il successo che quel termine avrebbe avuto nei secoli a venire. Lo aveva coniato per quell’occasione prendendo in prestito, magari “nostalgicamente”, due parole greche, nóstos (ritorno) e álgos (dolore): la “nostalgia” come “dolore per l’impossibilità del ritorno”. (Filippo Rossi)

 « Fin dalla sua apparizione sulla scena medica la nostalgia si presenta come una ben strana malattia che pur compromettendo lo stato fisico del soggetto non viene curata da rimedi fisici ma viene curata solo da mutamenti sul piano delle condizioni di vita, viene risolta attraverso strumenti antropologici che consentono una visione ed un’integrazione più profonda dell’individuo nell’ambiente in cui vive e opera. » (Virginia de Micco)

 “…Se da un lato la nostalgia è disillusione e può condurre a un malessere del corpo e della mente, dall’altro può essere vissuta come una spinta verso il luogo di origine, verso il proprio paese, verso gli affetti, verso le proprie radici e la propria storia, spinta che consente di non sentirsi senza casa, senza appartenenza, senza paese e costituisce una risposta al sentimento del pericolo incombente sulla propria identità. Nostalgia allora anche come consolazione e come rifugio. Spesso la nostalgia si condensa intorno ad alcune immagini (di oggetti, di luoghi, di persone) che si rivelano nell’esperienza come fortemente significativi per la propria dimensione dell’essere e molto consolatori rispetto al vissuto dello spaesamento. La nostalgia è un “terreno ricco” nella clinica con le persone straniere, nel quale è molto importante per il terapeuta sapersi muovere, infatti gli “oggetti” della nostalgia (che nel tempo possono anche perdere un po’ di concretezza) ci rivelano molto dell’inespresso della persona, non solo del suo passato, ma anche dei suoi bisogni, dei suoi desideri nel presente...” (Renos K. Papadopoulos)

 .... “Allontanatasi dal recinto delle patologie, la nostalgia ha abitato dunque le forme del sentimento, i loro malcerti confini, la loro diffusa indeterminazione… La nostalgia può avere per oggetto Itaca, l’Eden, la lingua prebabelica, l’infanzia, il buon tempo antico, la frugalità dei costumi, e, con un ossimoro violento, persino... il futuro”… ..
Il primo è stato Baudelaire: con lui la nostalgia si è svuotata definitivamente del suo stesso contenuto e il paese della lontananza si è trasformato nel “paese mai conosciuto”. Poi, negli ultimi due secoli del millennio, filosofi, poeti, artisti, registi hanno fatto della nostalgia una musa ispiratrice, prefigurandola, gradualmente, ma inesorabilmente, per quello che, forse, è sempre stata. Novalis ne era convinto: “La filosofia è propriamente nostalgia, è desiderio di sentirsi ovunque a casa propria”. Non è l’identità, quindi, la causa prima della nostalgia moderna, ma, per assurdo, la fuga un’identità data una volta per tutte. “Nostalgia dell’infinito”, l’ha chiamata Carducci... (Antonio Prete)

…..Può sorprendere come in molti casi il sentimento nostalgico nasca quasi nel momento stesso del passare brusco e inavvertito di un presente familiare. Con ancora più stupore si nota che tale sentimento spesso prescinde del tutto da come, con quale felicità o infelicità, i tempi passati erano stati effettivamente vissuti. Ma lo stupore per questa involuzione sentimentale si basa su un equivoco: l'elaborazione nostalgica non è veramente protesa verso un ritorno al passato. Essa assomiglia, in realtà, a uno struggente commiato da una parte del Sé non più presente, quasi fosse un rito funebre necessario per ridare senso e coerenza alla propria narrazione storica e biografica. Un passaggio, questo, quindi necessario per conciliarsi, in modo talora dolce e talaltra più rancoroso, con il presente. Il ricordo malinconico del passato segnala dunque una pur dolorosa accettazione dello spostamento delle coordinate spazio-temporali, consentendo di riposizionare entro tali coordinate le proprie attese, personali e collettive, per il futuro...

 In risposta all’illuminismo, che poneva l’accento sull’universalità della ragione, i romantici iniziarono a celebrare la particolarità del sentimento…”. Ma “la nostalgia romantica non è una mera antitesi al progresso”. Essa, piuttosto, voleva scardinare la “concezione lineare del progresso”. Ed è forse proprio da questo suo “saper scardinare” che bisogna cominciare a leggere la capacità “rivoluzionaria” della nostalgia. Una capacità fatta di memoria e futuro. Mai di passato. (Svetlana Boyn)

La nostalgia non è – ha spiegato Fausto Gianfranceschi nel suo recente libro Elogio della nostalgia (edizioni Il Minotauro, Roma, 2002) – un sentimento vano e retrivo; al contrario, è levatrice di ricerca, di conoscenza, di progettazione, fin dai tempi arcaici”. La nostalgia, dunque come urgenza ulteriore, come ansia di conoscere, niente affatto come ripiegamento intimistico”. Nostalgia per un paese mai conosciuto, come Baudelaire. Nostalgia per l’infinito, come Carducci. Nostalgia per il futuro, come dirà Musil.

Una cosa è certa: la nostalgia è un sentimento che non ha bisogno di un oggetto per essere vitale. Anzi. Quando la nostalgia si ritrova la palla al piede di un oggetto – una famiglia, una patria, un’identità, una terra, un passato – si appesantisce, si snatura, tradisce se stessa…………………….E’ il ritorno impossibile che diventa una scommessa, un azzardo. Ed infatti sfogliando le mille pagine che hanno raccontato il sentimento più umano che esista, la nostalgia per il futuro sembra quella più autentica, più vera, più profonda. Sin dal primo eroe nostalgico raccontato dalla letteratura occidentale: quell’Ulisse che – e non può essere un caso – viene da tutti considerato come il simbolo stesso di quella tensione antropologica che sarà propria della modernità……………... Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico”. Ulisse torna per non tornare, per non essere riconosciuto, per non riconoscere. Il ritorno di Ulisse è il suo viaggio, non è il suo approdo. Tanto è vero che Dante fa finire il suo Ulisse moderno non ad Itaca ma oltre le colonne d’Ercole, là dove l’uomo non avrebbe dovuto andare…

Nostalgia del futuro, si diceva: un ossimoro, un’apparente contraddizione di termini che suggeriva in qualche modo la possibilità di pensare un futuro dal cuore antico, un futuro carico di storia, di segni e di radici. E’ un sentire diffuso e trasversale, in un Occidente in perenne trasformazione sociale e antropologica.

Lo ha ammesso anche il cantautore dell’Emilia profonda, Francesco Guccini: “C’ho fatto su anche un disco, Radici, nel ’72, quando la gente pensava di buttar via il passato per costruire il futuro. Il futuro è sconosciuto, farne canzoni sarebbe utopia. Il presente dura un attimo e il ricordo lo sostiene per sopportarlo”. Nostalgia come ricordo e come sostegno, quindi. Nostalgia come ricordo creativo, come linfa costruttiva. Cantava infatti Guccini:
La casa sul confine dei ricordi / la stessa sempre, come tu la sai / e tu ricerchi là le tue radici / se vuoi capire l’anima che hai / se vuoi capire l’anima che hai... E te li senti dentro quei legami / i riti antichi e i miti del passato / e te li senti dentro come mani”.

”. La forza di quell’ossimoro – pensare la nostalgia nella contemporaneità, dentro la contemporaneità – è tale che quel sentimento non si rifà al passato in quanto tale, non sogna impossibili restaurazioni di un “bel tempo andato”, non fa vivere col torcicollo. E’, al contrario, la nostalgia che fa guardare avanti, “che ci lega – ha detto il romanziere spagnolo Arturo Pérez-Reverte – a tutti i ricordi, a tutto il passato della nostra famiglia, genetico e filosofico, a tutto quel substrato da cui proveniamo e che ci ha reso, in quanto esseri unici al mondo, quelli che siamo oggi”. Una nostalgia, quindi, che aiuta a vivere il presente e a pensare il futuro. Niente a che vedere con quella nostalgia reazionaria incarnata e celebrata in Italia, ad esempio, da Pier Paolo Pasolini, il poeta friulano che nella sua enfasi passatista – “Io sono una forza del Passato”, diceva nella poesia Un solo rudere – è arrivato anche a dire: “Grazie a Dio si può tornare indietro / Anzi, si deve tornare indietro / Anche se occorre un coraggio che chi va avanti non conosce”. E’, quest’ultima, la nostalgia sterile, fossile e fossilizzante, che riduce la tradizione a tradizionalismo, fissando in schemi rigidi e ripetitivi la lezione della storia e della memoria, che vuole “tornare indietro”.


Noi siamo cambiati", dice Pessoa, in una bellissima poesia dedicata a Lisbona: "Lisbona torno a rivederti, ma io non mi rivedo. Torno a rivederti, ma io non mi rivedo". Dunque, si può tornare in quel luogo, ma quel tempo vissuto in quel luogo non esisterà più. Ma anche quel luogo è cambiato. E, dunque, si può guarire dalla nostalgia tornando in quel luogo, ma si guarisce solo illusoriamente, perché, poi, allontanandosi, questa nostalgia può restare ancora una questione aperta.

«E poi al mattino dimentichiamo. Non sappiamo neanche più riconoscere le finestre che brillavano nella notte. Tornata la luce del giorno, esse sono tutte uguali. E di giorno, sulla Piazza, tutto è allegro, sempre. Se piove, diciamo: “Che tempo!”; se fa bello, diciamo: “Che tempo!”. Mi sono fatta tornare a casa. Ero pericolosamente vicina a cadere nella cronaca. Non sarebbe mai finito. Non c’era ragione per non continuare fino alla mia morte… Con una certa ipocrisia ho giocato sulle parole “memoria” e “nostalgia”. Non posso giurare di essere stata di una sincerità totale quando affermavo di non provare nostalgia. Ho forse la nostalgia della memoria non condivisa…»

(Simone Signoret, La nostalgia non è più quella di un tempo, trad. it. di Vera Dridso, Torino, Einaudi, II ediz., 1980, p. 390


....tutti viviamo nella incompletezza.  Non siamo onnipotenti.  Solo se accettassimo la finitezza come nostro orizzonte la nostalgia potrebbe apparire come un elemento positivo. La nostalgia ci dice costantemente che tutto ciò che abbiamo vissuto, che abbiamo amato, che abbiamo coltivato nel passato, non tornerà più, non ci appartiene più..  (Antonio Prete)


2 commenti:

  1. Leggendo questa pagina e il sito mi sono scoperto come nostalgico incallito.
    Onofrio

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  2. Sarebbe interessante conoscere meglio la Saudade, il ricordo nostalgico portoghese.
    Potremmo scoprirci un po' meno modenesi e un po' di più cittadini del mondo.

    Mauro

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