Ricevo da Maurizio Bonnettini, che ringrazio, questo bel ricordo della sua vita trascorsa ai Mulini Nuovi
Lavandaie sul Naviglio. Primi del 900
Ho vissuto per 30 anni ai Mulini
Nuovi, precisamente a Ca’ Picarein, e il canale Naviglio ha
fatto parte della mia vita di bimbo,
adolescente e adulto. Un altro canale passava per il borgo, era il Soratore. Questo,
poco dopo aver oltrepassato il Mulino del Borgo, confluiva e confluisce anche
oggi nel Naviglio. Negli anni ’70-’80 sono stati coperti entrambi proprio fino al
punto di confluenza.
Il rapporto con questi canali era
molto stretto. Un primo ricordo va all’osservazione che noi abitanti del luogo
facevamo delle acque. Col passare del tempo diventavano sempre più sporche e
inquinate a causa della crescente urbanizzazione e industrializzazione (ricordo
molto bene come in certi momenti le acque assumevano vari tipi di colore).
Quando ancora non c’era molto
inquinamento si utilizzavano le acque per irrigare gli orti che si
moltiplicavano in prossimità del canale Soratore. Anche mio padre ne aveva uno
e io ero molto contento quando potevo aiutarlo. Naturalmente i prodotti della
terra, oltre a soddisfare il bisogno personale, venivano condivisi con altre
famiglie.
Ricordo anche un’altra via
d’acqua proveniente dalla campagna che confluiva nel Soratore.
Nel suo percorso a monte era
presente la cosiddetta “fossa” dove i ragazzi più grandi si divertivano a fare
il bagno, forse non curanti del pericolo. Era comunque un luogo di ritrovo in
cui si poteva giocare e socializzare, contenti di vivere momenti felici.
In questo piccolo canale c’erano
dei pesci, in particolare ricordo i pesci gatti. Alcuni dei residenti li
pescavano utilizzando la rete che veniva calata dal ponticello in ferro,
presente sullo stradello Soratore proprio alla confluenza delle acque.
Purtroppo, oltre ai pesci, nei
canali si vedevano nuotare anche i topi che venivano presi di mira da chi
possedeva una carabina. Stando sul ponte si faceva a gara nel colpirli.
Se le acque erano amiche,
diventavano anche nemiche e minacciose nei periodi di piena. Un ricordo
particolare va all’alluvione del 1966 quando anche i nostri due canali
strariparono; l’acqua arrivò nel cortile di casa nostra e invase gran parte
della campagna circostante, tanto da sembrare un lago.
Un’opera molto importante che ho
visto concretizzarsi negli ultimi anni fu la realizzazione del depuratore delle
acque in località Bertola. Fu motivo di grande gioia rivedere le acque pulite
prive in gran parte delle impurità. Se ci si reca sul posto il contrasto fra
l’acqua che entra nell’impianto e quella che esce è evidente ed è bello vedere
come nell’acqua pulita nuotano le anatre.
Maurizio Bonettini
Grazie Maurizio
Grazie Maurizio
Lavandaie sul Naviglio. Primi del 900
NAVIGAZIONE MODENESE”, IL NAVIGLIO ED ALTRE VIE D’ ACQUA
Il Naviglio di Modena è stata la principale idrovia estense e la sua navigabilità, continuata fino a circa il 1923, venne sfruttata quasi ininterrottamente dal 1198 e, con ogni probabilità, ancor prima
per la costruzione del Duomo (XII secolo).
La navigazione era diffusa capillarmente erappresentava il mezzo di comunicazione più comune nella bassa pianura reggiana e modenese, come in tutta la Pianura Padana dove il Po, il Panaro e il Naviglio di Modena costituivano le vied’acqua principali.
Molti navigli erano però percorribili solo durante i mesi invernali o facevano parte di percorsi misti, per terra ed aquam, per la navigazione non solo per mezzo di Burchielli, Bucintori e Peote (natanti a fondo piatto simili a quelli lagunari usati per il trasporto merci e di nobili), ma anche imbarcazioni comuni come Sandali, Battelli e Zàtere.
Per transitare sul Naviglio le imbarcazioni non dovevano superare i 23 mt di lunghezza, i 4,5 mt di larghezza e le 50 tonnellate di carico. Nella seconda metà del ‘500 la Darsena di Modena era posta dentro le mura dell’ Addizione Erculea (ampliamente urbanistico delle vecchie mura voluto dal Duca Ercole II d’ Este) nella contrada del Naviglio, di fronte al palazzo Coccapani – D’ Aragona; e trasformata nel 700 da Francesco I d’ Este in un sontuoso Porto delle Navi arredandola con statue e marmi.
Nel 1830 Francesco IV fece scavare nel sobborgo di Porta Castello una nuova darsena poi interrata nel 1859 in sostituzione dell’ esistente.
In quegli anni, con la scomparsa dell’ ultimo canale scoperto entro le mura cittadine, fu costruita nella zona nord della città, un’ ampia strada di accesso, oggi Corso Vittorio Emanuele II.
A partire dalla darsena del 1830 il Naviglio lambiva il borgo marinaro della Bertola, proseguiva verso i Mulini Nuovi ed Albareto e quindi verso Bastiglia e Bomporto fino a confluire nel fiume Panaro.
Lungo questo tratto appena descritto le barche superavano un dislivello di 7 mt di quota lungo un percorso lungo appena 15 km.
A Bomporto cominciava la navigazione del Panaro chiamato un tempo Canale di Modena , costeggiando la Riviera, un
susseguirsi, tra Solara e Camposanto, di splendide e lussuose ville affacciate sul fiume.
Nei pressi di Finale Emilia il fiume si divideva in due rami, dei quali solo quello in direzione nord navigabile (verso Scortichino e Malcantone).
A Bondeno la navigazione percorreva l’ antico alveo del Po di Ferrara e alla Stellata raggiungeva il Po che poteva essere risalito verso Cremona, Mantova o ridisceso verso Venezia e i porti del Mare Adriatico, tutte località con cui Modena, ancora nell’ ‘800- ‘900, scambiava merci sfuse;
in particolare: sale, granaglie, legname, carbone, marmi e pietre da costruzione.
Nel 1923 approdarono nel porto di Modena le ultime barche e nel 1936 la darsena del Naviglio venne interrata cancellando così ogni testimonianza visibile di quella che fu la Navigazione Modenese.
Ringrazio il CAI di Sassuolo da cui ho tratto questa bella narrazione
Ringrazio il CAI di Sassuolo da cui ho tratto questa bella narrazione
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